I MANDANTI CULTURALI DELLA VIOLENZA CONTRO DONNE E BAMBINI

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L’aumento della violenza contro donne e bambini ha assunto negli ultimi tempi dimensioni preoccupanti, da vera e propria epidemia; non è ben chiaro quanto sia dovuto a un aumento reale di questa tipologia di reati e quanto invece all’emergere del sommerso, di una violenza che ha sempre avuto queste dimensioni ma sinora era misconosciuta, sottaciuta da una cultura che ha sempre voluto vedere nella famiglia, tradizionalmente intesa, un luogo di amorevole concordia. Se certe cose accadevano, in questo tipo di famiglie, era buona norma lavare i cosiddetti panni sporchi in famiglia, appunto.

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Parallelamente a questo emergere di una violenza sempre maggiore, sempre più diffusa, sempre più interclassista (lo stereotipo dell’ubriacone che picchia moglie e figli ormai non regge più) si osserva il fiorire di soggetti (singole persone, blog, pagine facebook, forum di discussione) che improvvisandosi analisti di fenomeni sociali tendono a dare, della violenza su donne e bambini, una versione che vuole le vittime di violenza responsabili della violenza da esse stesse subita.

Singolare modo di ragionare del maschilismo e del patriarcato.

Io ti aggredisco ma sei tu responsabile dell’aggressione che subisci.

Io ti violento ma sei tu responsabile della violenza sessuale che subisci.

Io ti uccido ma sei tu responsabile della tua uccisione.

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Non si tratta di posizioni isolate ma, a leggere e seguire in rete blog e pagine Facebook maschilisti, ma parliamo anche di articoli sui media nazionali, si direbbe che sia in corso una vera e propria strategia della disinformazione e mistificazione sulle tematiche della violenza di genere, degli abusi sessuali sui minori, sull’omosessualità, ecc.

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Certi titoli di articoli o certe argomentazioni sono difficilmente comprensibili secondo una logica normale, per nulla condivisibili, e paiono quasi essere parole d’ordine o slogan per incitare a una sempre maggiore violenza verso donne e bambini. Tali comportamenti richiamano quanto scritto da Elias Canetti a proposito della muta di caccia:

La muta vuole una preda: vuole il suo sangue e la sua morte … La muta si incoraggia abbaiando tutta insieme. Non si deve sottovalutare il significato di questo clamore, in cui si mescolano le voci dei singoli animali. È un clamore che può diminuire e di nuovo aumentare; ma non tace: esso contiene l’attacco”.

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Chi scaglia materialmente l’arma destinata a uccidere la preda è una o poche persone; il clamore della muta ha la funzione di incitare all’attacco, all’aggressione, all’uccisione. Il clamore è il mandante dell’azione di caccia.

La disinformazione e la mistificazione che vengono fatte sulla violenza di genere e sugli abusi sessuali sui minori hanno il sapore di quel clamore che “contiene l’attacco” di cui ci parla Canetti; questi articoli, blog, forum che disinformano sono i mandanti culturali del femminicidio e dell’abuso incestuoso.

NOTA BIBLIOGRAFICA

Canetti E: Massa e potere. Adelphi, 1981.

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