LA CONVENZIONE DI ISTANBUL

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La Convenzione di Istanbul è un documento sottoscritto dal Comitato dei Ministri dei paesi aderenti al Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 nella città di Istanbul e aperta alla firma dall’11 maggio 2011. Il titolo completo del documento è il seguente: “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”.

Come si può leggere nel preambolo, gli Stati europei “condannano ogni forma di violenza sulle donne e la violenza domestica”, riconoscono che “la violenza contro le donne ha natura strutturale” ed è una “manifestazione dei rapporti di forze storicamente diseguali tra i sessi” e che un elemento chiave di prevenzione della violenza contro le donne è il “raggiungimento dell’uguaglianza di genere”.

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La Convenzione è stata poi sottoposta a ciascuno Stato per la sua ratifica; lo Stato italiano ha ratificato la Convenzione di Istanbul il 19 giugno 2013, quinto dopo Turchia, Albania, Portogallo e Momtenegro. Alla Camera la ratifica è stata unanime, al Senato c’è stata una sola astensione.

Contro la ratifica della Convenzione di Istanbul si sono virtualmente agitati gli sparuti gruppi maschilisti che nei loro forum e blog hanno sputato veleno contro il Parlamento della Repubblica italiana; ma non è questo che ci preoccupa. L’agitazione nelle fogne misogine può solo intorpidire ancora di più le loro menti.

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Ciò che è maggiormente preoccupante sono i concetti del medesimo tenore espressi da associazioni che hanno poi la pretesa di divenire interlocutori della politica per giungere all’approvazione di leggi che vanno a incidere sul diritto di famiglia e quindi proprio sulla diseguaglianza di genere, che è all’origine della violenza contro le donne, perpetuandola mediante il ricatto esercitato sulle ex-mogli tramite l’affidamento dei figli.

In primo piano nel contestare al Parlamento della repubblica italiana la ratifica dellla Convenzione di Istanbul è l’associazione Adiantum, come si può vedere negli screen shot.

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La domanda, ovvia e retorica, è la seguente: può un’associazione che nega la violenza di genere, che pubblica false statistiche sulla violenza di genere sostenendo che sono più frequenti i casi di violenza femminile sugli uomini, che condanna la ratifica della Convenzione di Istanbul da parte dello Stato italiano, può questa associazione sedere allo stesso tavolo con i Parlamentari della Repubblica italiana e discutere progetti di legge che si occupano di modificare il diritto di famiglia, cioè proprio le leggi che influenzano i rapporti di forza tra i due sessi?
La loro ideologia è quella patriarcale, maschilista e misogina, che nega la violenza di genere e la violenza domestica, è cioè l’ideologia delle false accuse, e questa ideologia verrà naturalmente travasata nei loro progetti di legge.

Si verificherà quindi il paradosso che da un lato l’Italia ratifica la Convenzione di Istanbul e dall’altro approva leggi che nella sostanza vanificano gli impegni assunti di fronte all’Europa nel contrasto alla violenza di genere.

Una soluzione a questo pastrocchio tipicamente italiano può essere la seguente: ciascuna associazione che intende dialogare con le istituzioni su temi che incidono sui rapporti di forza tra i sessi (diritto di famiglia, diritti civili, ecc) deve sottoscrivere un documento di adesione ai principi della Convenzione di Istanbul e deve impegnarsi a modificare il proprio statuto sociale in quel senso (es: “Art. XX: l’Associazione aderisce e condivide i principi espressi nella Convenzione di Istanbul”).

Chi non lo fa è fuori per sempre da ogni dialogo con le istituzioni.

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